Questo sono io e questo è ciò che penso: Xavi Fores
Il pilota spagnolo ci parla della sua vita personale e della sua situazione professionale
È il fine settimana di Magny-Cours. Abbiamo incontrato Xavi Fores (Barni Racing Team) la domenica mattina, il giorno dopo essere salito sul podio in Francia, pochi momenti prima di risalire in sella alla Panigale R per disputare Gara 2. Nel motorhome Barni Racing, la squadra di Fores nelle ultime tre stagioni, i genitori seguono la fine della gara STK1000. Lui è felice di averli vicino a sé: è un ragazzo attaccato alla famiglia e lo rende evidente anche durante la conversazione con WorldSBK.com.
Un podio come questo compensa alcuni momenti difficili, sicuramente. È stata una stagione abbastanza positiva e, nonostante abbiamo avuto delle difficoltà, direi che la stagione sia stata buona. Questa terza posizione in Francia mostra il lavoro svolto durante l’anno.
A volte mi sorprendo di me stesso. Per esempio ieri [il 29 settembre] non mi aspettavo di avere questo passo. Sapevo di poter essere forte, ma non credevo di poter girare in 1:37 per più di metà gara. Ero ancora entusiasta quando ho riguardato la gara nella mia stanza d’hotel!
Ho compiuto 33 anni in Portogallo ma non sono riuscito a regalarmi un podio. Non mi sono potuto “viziare” a causa di un paio di punti sul gomito, che sono ancora lì [Fores è caduto all’inizio di Gara 1 a Portimao].
Cadere alla prima curva di una gara non è l’ideale. Butti via il lavoro del fine settimana. Nessuno di noi merita le cadute. Ero molto frustrato, perché avevo il passo dei primi e non sono riuscito a dimostrarlo. Ero molto motivato prima di arrivare qui [Magny-Cours] e questo podio conferma il buon lavoro fatto a Portimao.
A Portimao sono arrivato troppo forte e ho preso Laverty, che è caduto con me. Ho commesso un errore, qualcosa che non può succedere perché tutti rischiamo le nostre vite in pista. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che ci sono dei limiti. Credo che ad oggi la maggior parte di noi lo sappia e lo rispetti. Non è come prima, quando i piloti uscivano per dare prova di essere più coraggiosi degli altri.
Sì, so che Schwants era solito dire: “Aspetto fino a che non vedo Dio; poi freno”. Per me, è quando vedo la luce [ride].
Ho passato più anni della mia vita a correre che fermo. Ho iniziato abbastanza giovane, avevo cinque anni quando mio padre mi ha dato la sua prima moto ed un mio zio sarebbe morto più tardi per un incidente motociclistico. Aveva una fabbrica, facevano tute per i piloti ed erano anche rappresentati nel Campionato Mondiale, con Aspar ed altri. Mi portarono la mia prima moto, è iniziato tutto come un passatempo, ma poi sono andato più a fondo, ho fatto più cose…ed eccomi qui.
Per essere un pilota bisogna nascere pilota, deve venire naturale. Non puoi forzare. Ho sempre detto che tutti hanno un dono per qualcosa. Bisogna trovare il proprio talento, è parte del gioco.
Molte persone da fuori pensano che se sei pilota di moto, la tua vita è risolta, ma non è così. Succede solo a pochi piloti nel mondo dei motori. Allo stesso momento, siamo molto fortunati perché facciamo ciò che ci piace.
Se sei un personaggio pubblico, di qualsiasi livello, sei esposto a critiche e devi essere pronto. Alcuni credono che abbiamo questa o quell’altra cosa, che siamo delle stelle, ma è un cliché ed è abbastanza sbagliato.
Sono un tipo che ama molto stare a casa. Ovviamente mi piace uscire con gli amici e con le persone che mi piacciono, ma quando sono alle gare vorrei essere con i miei genitori, con mia moglie e, quando corriamo in Spagna, con mia sorella e con i suoi bambini. Mi piace essere rilassato, calmo e circondato dalla mia gente. Sì, poi mi piacerebbe mettere su famiglia in un futuro non troppo distante, mi piacciono i bambini, mi piace prendermi cura di loro e giocarci.
Mi sento mentalmente forte, perché non ho mai smesso di credere in me stesso, nemmeno nel lavoro fatto quest’anno con la squadra. nelle nostre gare peggiori, ci siamo messi a tavolino e abbiamo provato ad individuare i problemi. Ho dato il 110% ad ogni gara, sia nelle buone che in quelle meno buone. Questo ti fa sentire più forte ed è a chiave del nostro podio. Siamo gli unici privati ad essere saliti sul podio quattro volte quest’anno.
Essere pilota ti dà e ti toglie qualcosa, ti dà molte emozioni, tanta adrenalina. Dall’on board camera non si possono apprezzare pienamente tutte le sensazioni che viviamo sulla moto. Solo un pilota lo può capire, è emozionante.
Ma si perdono anche tante cose, famiglia, amici. C’è meno tempo per entrambi, perché si viaggia tutto l’anno, ma lo accettiamo da subito perché ci piace quello che facciamo. È anche positivo, possiamo girare il mondo, fare quello che amiamo di più. Quindi spero di continuare per altri anni…
Ho più cicatrici che tatuaggi. Ho un tatuaggio sul braccio ed un altro sul polpaccio, quest’ultimo lo avevo fatto con il mio amico Dani Rivas che ci ha lasciati. Ma il numero di cicatrici continua a crescere, ne ho “guadagnate” abbastanza da quando corro per Barni. Ho questi due punti sul gomito, ho avuto un buco sulla mano, un altro sul ginocchio, mi sono forato il dito in Thailandia…ah, anche le bruciature sul tricipite, quando la mia moto è andata a fuoco a MotorLand Aragon. Sono dei ricordi ora, ai miei figli racconterò la storia di ogni cicatrice.
Rivivi gli highlights della stagione dello spagnolo con il WorldSBK VideoPass.